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Nonostante sia considerato uno dei più importanti pittori italiani, Giorgio de Chirico (1888-1978) nasce a Volo, in Tessaglia. La Grecia e il mondo classico avranno un ruolo fondamentale nell’immaginario dell’artista: nei suoi dipinti, al fianco di piazze e caseggiati moderni, compaiono colonne, busti classici e candide statue di marmo.
Giorgio de Chirico studia al Politecnico di Atene, all’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera.
Dopodiché si trasferisce a Milano nel 1909 e infine a Parigi nel 1911, dove già viveva suo fratello Alberto.
Nella capitale francese fa la conoscenza di Picasso e stringe amicizia con i poeti Paul Valéry e Guillaume Apollinaire. È in questo periodo che dà vita ad una delle serie di quadri più note: quella delle “piazze metafisiche”.
Il dipinto della prima piazza di de Chirico, Enigma di un pomeriggio di autunno (1910) nasce da una visione, come spiegò l’artista stesso in seguito: “Ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente.”
Quando esplode la Prima Guerra Mondiale si arruola come volontario insieme al fratello Alberto. I due vengono inviati in servizio a Ferrara: è qui che Giorgio incontrerà il pittore futurista Carlo Carrà, più grande di lui di sette anni. I due daranno avvio alla corrente nota come “pittura metafisica”.
Per “pittura metafisica” si intende un’arte che usa gli strumenti tecnici tipici delle pittura (prospettiva, chiaroscuro, colore) per rappresentare qualcosa che va al di là dell’esperienza sensoriale, lasciando spazio a sogni e visioni frutto dell’inconscio.
Nella pittura metafisica anche i luoghi, per quanto realistici, assumono una valenza onirica per via di una prospettiva spesso distorta, di elementi apparentemente fuori luogo (statue, manichini) e di colori innaturali.
Elementi chiave delle opere metafisiche di De Chirico sono le immense piazze prive della presenza umana in cui emergono elementi bizzarri come manichini, busti di marmo e colonne classiche. Da queste opere spesso traspare un senso di solitudine e inquietudine, come se ci si trovasse immersi in uno strano sogno.
Per la figura del manichino, simbolo dell’uomo-automa contemporaneo, De Chirico trae ispirazione dall’”uomo senza volto”, personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio, pittore e scrittore. Le opere più celebri di questo periodo sono Ettore e Andromaca (1917 – a fondo articolo) e Le Muse inquietanti (1917).
La pittura metafisica porrà le basi per la nascita del “surrealismo”, corrente artistica che privilegerà la rappresentazione dell’io interiore dell’artista a discapito della fedeltà realistica. Artisti surrealisti sono Mirò, Dalì, Magritte.
Nel secondo dopoguerra de Chirico avvierà quella che è conosciuta come “fase barocca”, con opere che ritraggono nature morte, soggetti storici mitologici e autoritratti come il famoso Autoritratto con corazza (1948 – in cima all’articolo).
L’artista, ormai stimato e riconosciuto, avrà l’onore di festeggiare il novantesimo compleanno in Campidoglio, nel 1978. Si spegnerà pochi mesi dopo a causa di una lunga malattia.
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