Warhol decise di prendere a modello delle drag queen del club newyorkese The Gilded Grape, un soggetto piuttosto forte e di non facile risoluzione per l’epoca. L’artista, nonostante le pose leggere dei protagonisti, rimandava comunque a qualcosa di più impegnativo.
Lavorando con ossessiva velocità, Warhol scattò più di 500 Polaroid e realizzò 268 tavole, più del doppio di quelle richieste. Ogni “modello” venne pagato appena 50$ (sembra poco, ma molti dei modelli dissero che per 50$ avrebbero fatto anche moto di più…) e, durante la mostra del 1975 a Ferrara, a Palazzo dei Diamanti, egli non incluse nessuno dei loro nomi: solo grazie alla meticolosa ricerca della Andy Warhol Foundation in New York è stato possibile, in qualche caso, attribuire un nome negli anni seguenti.
Fu lo stesso Warhol a dare una definizione della sua serie: “I modelli sono al contempo femminili, forti e bellissimi. La serie riguarda la cultura Drag, che è stata guidata da Afroamericani e Latini, sebbene la storia che ne è venuta fuori è assai più bianca!”. Era una dichiarazione assai forte per l’epoca, in cui il nero rappresentava una minaccia, soprattutto dopo i fatti legati alla volontà di autodeterminazione degli afroamericani: Malcom X, M. L. King e a seguire i Black Panthers Party che capeggiarono la rivoluzione afroamericana del ’66.
Warhol li rappresentava esattamente come sempre faceva, ossia non come individui, ma come icone.
Warhol, cattolico ed omosessuale, fece un gesto per cercare di superare una soglia che egli stesso ormai faticava a mantenere chiusa, mostrando di abbracciare un lato di sé che ormai non desiderava più tenere celato.
“Fa parte della storia”, scrisse a riguardo Pierpaolo Pasolini, che scrisse un articolo sulla mostra di Ferrara del 1975. Per uno scherzo del destino, un mese dopo Pasolini finiva ucciso alla periferia di Ostia da Pino Pelosi, “ragazzo di vita” 17enne. Sebbene non ci sia certezza che Warhol e Pasolini si siano incontrati, è chiaro che quest’ultimo abbia avuto una certa influenza nell’arte di Warhol: nel film Teorema di Pasolini del 1968, un artista urina sui propri dipinti, dieci anni prima che Warhol faccia lo stesso nei suoi famosi Piss Paintings.
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